Home queste e altre storie fontana
Lucio Fontana (1899-1968) non
voleva essere fotografato mentre tagliava le sue tele. È il fotografo Ugo Mulas
(1928-1973) a raccontarlo in un suo libro (“La Fotografia”, Einaudi, Torino
1973).
«Se mi
riprendi mentre faccio un quadro di buchi», spiegava il pittore al fotografo,
«dopo un po’ non avverto più la tua presenza e il mio lavoro procede
tranquillo. Ma non potrei fare uno di questi grandi tagli mentre qualcuno si
muove intorno a me.... Ho bisogno di molta concentrazione. Cioè, non è che
entro in studio, mi levo la giacca, e trac!, faccio tre o quattro tagli. No. A
volte, la tela, la lascio lì appesa per delle settimane prima di essere sicuro
di cosa ne farò, e solo quando mi sento sicuro, parto, ed è raro che sciupi una
tela; devo proprio sentirmi in forma per fare queste cose».
Ma i
due alla fine si misero d’accordo: Mulas pregò Fontana di «fingere di fare dei
tagli: abbiamo messo una tela nuova sulla parete, e Lucio si è comportato come
quando aspetta di fare un taglio, col suo stanley in mano, appoggiato alla tela, come se il lavoro iniziasse in quell’attimo: lo si vede di spalle, si vede
una tela dove non c’è ancora niente, c’è soltanto una tela e lui
nell’atteggiamento di chi comincia a lavorarci sopra. È il momento in cui il
taglio non è ancora cominciato e l’elaborazione concettuale è invece già tutta
chiarita. Cioè quando vengono a incontrarsi i due aspetti dell’operazione: il
momento concettuale che precede l’azione, perché quando Fontana decide di
partire ha già l’idea dell’opera, e l’aspetto esecutivo, della realizzazione
dell’idea. Forse proprio per questa concentrazione e aspettativa concettuale
Fontana ha chiamato i suoi quadri di tagli “Attese”»..
IN ONDA
Giovedì ore 22.00
Venerdì ore 10,45